E se servisse uno psicologo in condominio?

 

Associare i termini “Psicologia” e “Condominio” a molti potrà apparire come una forzatura. In realtà, se proviamo ad andare, anche solo di poco, al di sotto della superfice, ci renderemo conto, che quando sentiamo la parola condominio, quasi certamente non ci verrà in mente l’estetica di un palazzo o la suddivisione di posti auto, o la gettoniera dell’ascensore, quanto piuttosto, al termine condominio assoceremo degli “scenari”, scenari che vedono implicati noi nell’azione insieme ad altre persone, che condividono con noi spazi comuni, sia in termini strutturali, ma anche e soprattutto spazi di “vita”. Al termine condominio quindi associamo scenari di vita vissuta con altre persone. Scenari che possono essere positivi, come quando ci accorgiamo di aver terminato il sale o lo zucchero in un orario in cui non potremmo andare ad acquistarlo e quindi bussiamo al vicino/a per chiederne un poco in prestito, oppure i turni di accompagnamento a scuola tra mamme di uno stesso palazzo o parco che hanno figli che vanno alla medesima scuola; ma anche scenari negativi, come ad esempio l’inquilino che sosta in spazi che ostruiscono passaggi, oppure che alza il volume della radio in un orario in cui le persone riposano. Insomma, se ci fermiamo a riflettere in maniera un poco più profonda, questa apparente distanza tra i termini “Psicologia” e “Condominio” inizia a ridursi nettamente, perché subito ci accorgiamo di cosa si sostanziano gli “scenari” a cui pensiamo, ovvero di “relazioni umane”. E cosa è la Psicologia? Se non la Scienza che per eccellenza studia il comportamento e le relazioni tra esseri umani?

Poste queste premesse, è quasi impossibile non rendersi conto che l’associazione tra i termini “Psicologia” e condominio, non solo non è una forzatura, ma una conseguenza naturale della specificità del condomino, ovvero un luogo di vita dove persone diverse si incontrano e si relazionano all’interno di spazi comuni di cui tutti sono equivalentemente responsabili. Ogni condomino ha, infatti, la medesima responsabilità di gestione di quegli spazi intermedi tra la propria dimora privata e quella del “vicino” di casa. Ed è da questa equivalente responsabilità di ogni condomino che, anche laddove non ci sia una relazione spontanea con il vicino, che deriva la necessità che i condomini hanno di “incontrarsi” e di “interagire” al fine di esercitare “equamente e adeguatamente” questo diritto e responsabilità che ciascuno ha sulla gestione del bene comune. Da questo presupposto diritto/dovere nasce l’assemblea condominiale e anche la gestione da parete di un terzo che operi da garante e vigile di questa equità. L’amministratore ha infatti il compito di ripartire questo diritto/dovere di ogni condomino sul bene comune in modo tale che nessuno “domini” in maniera pregiudizievole sul bene comune.

Il momento dell’assemblea condominiale è un ulteriore momento in cui l’aspetto relazionale diventa preponderante, già l’origine latina del termine assemblea, ovvero ad-similare, mettere insieme, rimanda all’aspetto di interazione di soggetti diversi che appunto vengono “messi insieme”.  Mentre nella vita condominiale di tutti i giorni, possiamo decidere con quale vicino interagire e a che livello, nell’assemblea condominiale tutti interagiscono insieme rispondendo ad una necessità comunitaria e non meramente individuale, proprio per questo l’assemblea diventa il momento in cui la relazione può manifestare in maniera chiara e netta anche gli aspetti maggiormente disfunzionali. Ed è proprio per questo che la Psicologia può intervenire per descrivere quali dinamiche all’interno dell’assemblea si possono attivare. Innanzitutto nel momento in cui i condomini si incontrano, di fatto, costituiscono un gruppo, che ha anche un obiettivo, ovvero la gestione adeguata degli spazi in comune, d’altro canto l’amministratore è colui che si fa garante delle decisioni del gruppo e degli esiti dell’incontro. Di fatto in termini psicologici ampi, il condominio è un gruppo che si mette al lavoro, l’amministratore ne è il leader/conduttore. Già basta questa prima lettura per rendersi conto di quanto il lavoro dei condomini e dell’amministratore nel momento in cui si incontrano per la gestione degli spazi comuni, non è un lavoro che si basa solo ed esclusivamente su aspetti tecnico/legali, ma parte dall’assetto relazionale che a seconda di come si configura potrà utilizzare o meno gli aspetti tecnico/legali, utilizzarli o meno adeguatamente.

Questo perché alla Psicologia non è estranea la consapevolezza che nel momento in cui delle persone si incontrano con un obiettivo comune, esistono due tendenze opposte, una cosciente e cognitiva che si orienta al raggiungimento dell’obiettivo, ed una inconsapevole, irrazionale ed emotiva, che si oppone al raggiungimento dell’obiettivo (Bion). L’esistenza di queste due tendenze può essere uno dei motivi per cui la vita condominiale e di conseguenza l’assemblea condominiale, spesso finiscono per essere fonte, non di benessere condiviso ma di frustrazione condivisa. Ecco perché la necessità di riflettere in termini psicologici sul funzionamento condominiale, proprio perché spesso all’interno dei condomini l’aspetto più complesso sia per i condomini ma anche per gli amministratori, non è la gestione degli aspetti tecnico/legali che fondano su elementi lineari, conoscibili e dati perché basati su parametri di legge, quanto la gestione delle relazioni che si instaurano tra i membri del gruppo che rendono difficile anche l’applicazione di quegli elementi lineari e conoscibili “dati per legge”, proprio perché la relazione tra le persone non si basa solo su aspetti razionali e coscienti ma anche e forse soprattutto su spinte emotive ed inconsapevoli, e proprio per questo imprevedibili.

Proprio per la particolare connotazione emotivo/relazionale di cui si sostanzia il “gruppo” condominiale si è pensato alla possibilità di una rubrica psicologica in ambito condominiale che possa, se non altro, rendere consapevoli gli attori in questione, che l’adeguata o inadeguata gestione della cosa comune non passa solo ed esclusivamente dalla adeguata o inadeguata applicazione delle leggi.

 

 

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