Ristrutturazioni ”crepate”: come comportarsi?

Ristrutturazioni ”crepate”: come comportarsi?

La presenza di crepe sulla facciata esterna dello stabile è uno dei principali problemi con il quale si confrontano gli amministratori di condominio e può essere oggetto di contenzioso.

Nonostante i lavori di ristrutturazione, la questione può nuovamente riproporsi nel giro di qualche anno. Come comportarsi in questa circostanza?

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza n. 7756/2017, è intervenuta per fare chiarezza sul punto.

L’azione di responsabilità ex art. 1669 c.c., secondo il nuovo dictat, può essere esercitata anche in relazione alla presenza di gravi danni su di una struttura oggetto di recente ristrutturazione. Ciò è reso possibile grazie ad una lettura estensiva dello stesso termine costruzione, attualmente inteso come qualsiasi tipo di intervento modificativo, su di un opera già esistente.

Pertanto, l’erronea esecuzione dei lavori di ristrutturazione idonea a provocare gravi danni, a cui segua una drastica riduzione del godimento del bene, può essere oggetto dell’azione ex art. 1669 c.c. Infatti, nel momento in cui vi è un’attività di ristrutturazione eseguita in maniera errata (per esempio, a causa dell’utilizzo di materiali scadenti), possono manifestarsi gravi crepe sia all’esterno dell’edificio che all’interno delle singole unità immobiliari. Una situazione simile può condizionare in maniera negativa il godimento del bene (l’edificio), destinato per sua natura a lunga durata. In questo modo, il concetto di gravi difetti è esteso a qualsiasi opera. Tutte le opere eseguite sull’immobile possono essere ricondotte alla nozione di costruzione, menzionata proprio dall’art. 1669 c.c., ivi compresa la ristrutturazione.

Quale è il significato di ristrutturazione?

Essa consiste in interventi che comportano esclusivamente modifiche esterne dell’edificio, lasciando inalterate le sue componenti essenziali (quali muri perimetrali, coperture e strutture orizzontali). Secondo quanto previsto dall’art. 31, co. 1, lett. d) della L. 457/78, la ristrutturazione si attua attraverso modifiche idonee a non generare aumenti di superficie o di volume (i quali porterebbero, invece, alla creazione di una nuova costruzione).

Ci si chiede, di conseguenza, come intervenire dinanzi ad una simile situazione.

La risposta viene fornita dal comma 2 dello stesso art. 1669 c.c.. Il diritto del committente si prescrive entro l’anno dalla proposizione della denuncia. Il termine in questione decorre solo dal momento in cui il committente sia a conoscenza dei difetti dell’opera, grazie ad accertamenti tecnici, in grado di dimostrarne la gravità e le cause. Tuttavia, è prevista un’eccezione circa proprio la decorrenza del termine di decadenza,  nel caso in cui tali accertamenti tecnici siano assolutamente necessari ed urgenti (Cass. 9966/2014). La denuncia dei vizi si perfeziona grazie alla comunicazione, nei confronti del soggetto responsabile, dei gravi difetti e, l’onere della prova, grava sull’attore. Ciò in quanto la denuncia è condizione dell’azione di responsabilità ed è esercitabile solo in maniera tempestiva, in modo da non voler onerare il danneggiato con la proposizione di domande generiche e a carattere esplorativo.

Amministratori e condomini non scoraggiatevi! Nel caso in cui sia stata effettuata una recente ristrutturazione e il problema si ripresenti, c’è sempre la possibilità di agire ai sensi dell’art. 1669 c.c. ma ricordate un elemento fondamentale: la tempestività della denuncia!

 

Dott.ssa Federica Colicchio

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