L’art. 844 cod. civ. stabilisce che «il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi».
Nel contesto condominiale la valutazione della “normale tollerabilità” deve tenere conto, caso per caso, della peculiarità dei rapporti condominiali, delle destinazioni urbanistiche, del regolamento condominiale, nonché del primario bene della salute che, nell’ambito della tutela dei diritti assoluti assicurata dagli artt. 2043 e 2058 c.c., deve essere protetto contro qualsiasi attività possa menomarlo (Cass. Civ., 11.4.2006 n. 8420).
In particolare, giova ricordare che, in tema di immissioni rumorose, è possibile che le clausole regolamentari introducano disposizioni più severe della normativa di cui all’art. 844 c.c., imponendo divieti assoluti e tassativi di svolgimento di determinate attività.
In detta ipotesi la liceità o meno della immissione rumorosa dovrà essere valutata non alla stregua del principio generale posto dalla legge, bensì del criterio di valutazione fissato nel regolamento (Cass. Civ., 14.11.1978 n. 5241).
In presenza di immissioni eccedenti la normale tollerabilità, su istanza del singolo condomino, il Giudice può individuare e imporre, in via coercitiva, i mezzi necessari (es. coibentazioni/insonorizzazioni acustiche, intubazioni, ecc.) per ricondurre l’attività aggressiva nei limiti del diritto e può risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal condomino.
Tuttavia per ottenere il risarcimento del danno è onere di quest’ultimo provare l’esistenza del nesso causale tra le immissioni rumorose ed il danno lamentato.
Detto principio è stato di recente ribadito dalla Suprema Corte che, con sentenza n. 661 del 12.1.2017, ha rigettato la richiesta di risarcimento di un condomino, ritenendo non sussistente il nesso causale tra le lamentate immissioni rumorose (scorrere dell’acqua nei sanitari del bagno dell’alloggio della custode, emissioni sonore provenienti dal televisore che ivi si trovava e dal vociare di persone presenti in quei locali) ed il malessere ansioso-depressivo dello stesso, rilevando che quel malessere era in realtà collegato alla personalità disturbata del condomino, che determinava reazioni abnormi rispetto a modeste sollecitazioni rumorose.
Avv. Carlo Maria Palmiero
Avv. Giovanna Melillo